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La Sancta Hyerusalem Burgensis

Il culto sansepolcrale, le processioni della confraternita di misericordia della chiesa di San Rocco di Borgo Sansepolcro (Ar)

 

 

La chiesa di San Rocco in Sansepolcro sorge nel centro storico, all’interno della cinta muraria, sopraelevata di quattro gradini rispetto al piano della via Niccolò Aggiunti. La strada in cui è ubicato il tempio rochiano è perpendicolare alla via Matteotti su cui sorge la Cattedrale[1] oggi custodente la bellissima croce policroma del Santo Volto di Sansepolcro.

La chiesa di San Rocco si presenta ordinatamente composta da una facciata asimmetrica, molto semplice, di pietra serena sulla quale si apre un bel portale d’ingresso cinquecentesco ed un piccolo occhio attorno cui notiamo dei laterizi. Sulla parte di destra del complesso di San Rocco –quella cioè che lo rende asimmetrico- all’incrocio con la via Piero della Francesca[2] hanno sede gli uffici della Confraternita di Misericordia.

Accedendo a questa chiesetta si ha il sentore di addentrarsi in un ambiente antico, fatto di tradizioni passate, ove mistero e fascino, arte e fede sono espresse da queste pietre. Nei massi squadrati della facciata, nelle semplici pitture, o fra immagini scolpite, leggiamo una fede eroica e senza calcolo che stupisce per la sua intensità e per la passione verso i misteri della nostra fede cristiana.

 

Un percorso interno, con una stretta scala, univa la chiesa superiore con l’oratorio sottostante custodente una riproduzione del Santo Sepolcro di Gerusalemme[3].

Tutti i fedeli precedentemente i lavori di ristrutturazione –eseguiti per ricavare gli uffici della “Confraternita di Misericordia”, tutt’ora attiva in questa sede e custode del complesso rochiano- scendevano accedendo all’ipogeo in cui vi erano diverse “stazioni plastiche” ed immagini dipinte a rivivere la vita e la Passione di Gesù Cristo. È così che il popolo di Sansepolcro percorreva questo tragitto pregando ed invocando in Divini Uffici il Signore vincitore della morte.

Si assisteva ad un vero e proprio culto della Translatio Hyerosolimae in cui ciascuno, con animo entusiasmato dalla passione per il Cristo risorto, percorreva un vero e proprio pellegrinaggio[4]. In questa peregrinazione nel Tempio Gerosolimitano cittadino i fedeli recitavano il rosario[5], si muovevano davanti alle nicchie, alle varie cappelle ed alle diverse statue. Era una sorta di “cammino-pellegrinaggio” il cui telos era sicuramente meditare la Passione, la Morte e la Resurrezione del Salvatore. Questo il significato profondo della prassi liturgica e della devozione popolare del popolo di Borgo Santo Sepolcro che poteva vantare un proprio Sacro Monte.

Il complesso di San Rocco presentava molteplici “plastiche” il cui valore era una vera e propria catechesi visiva, una sorta di Biblia pauperum: il Crocifisso-Deposizione, il Gesù Morto, il Cristo alla Colonna e l’edicola del Santo Sepolcro, inoltre vi era anche un Getsemani, un Gesù che sale al Calvario, una Pietà ed un Resurrexit... Tutto ciò per raccontare la storia della cristianità ai cristiani. Per narrare la vicenda della Passione che è la storia della Salvezza degli uomini. Per cantare la prospettiva di Salvezza di un popolo riscattata col prezzo del sangue da Cristo Redentore -il Riconciliatore-, il Signore del cosmo e della storia.

Il simbolo –anche a livello toponomastico della vittoria sulla potestà delle tenebre[6]- è la vittoria della Luce! Cristo ha acquistato una “nuova” signoria[7] non già conquistando troni e scettri che possono “arrugginire”, bensì meritando con la medaglia della Settimana Santa, la settimana del dolore e del trionfo glorioso, un tempo nuovo fatto di salvezza e di grazia per ogni uomo.

Ecco che Gesù si fa padrone della storia impossessandosi della medesima e divenendone parte.

Dapprima viene nel mondo condividendo la sua esistenza con noi, non considerando la sua regalità un tesoro prezioso ma esercitando –in maniera stupenda e tipica solo di chi ama- una “con-divisione” e consentendoci così di divenire figli adottivi del Padre che sta nei cieli. Lui stesso ci ha insegnato a chiamarlo nel “Padre nostro”, l’invocazione-preghiera che ci ha lasciato.

 

È questa profonda meditazione del misterioso disegno di Dio, fattosi carne nel Suo Figlio Unigenito[8], il motivo che deve aver spinto all’edificazione di un vero e proprio complesso liturgico gerosolimitano in cui un’edicola sansepolcrale ci riporta a quel Sepolcro vuoto della mattina della Domenica. Ed anche noi scopriamo entrando per il piccolo pertugio la mensa sepolcrale vuota, afona, eppure ricolma -di un colore non grigio, come la pietra serena- ma di una “luce nuova”, quasi abbagliante nella normalità della tenue vibrazione cromatica[9]. Mi sovviene l’invito del celebrante nella liturgia ambrosiana che per tre volte intona «Cristo è risorto»[10] in una vera e propria climax urlandolo l’ultima volta!

Entrare nel complesso di San Rocco significa lasciarsi coinvolgere da colori e ritmi che richiamano al luogo che per primo ha risuonato di quel primo annuncio, cui ne avrebbero fatto seguito miliardi di volte in siti diversi ed in tutti i confini della terra, “è risorto!”. Lo stupore, l’ardore, la gioia e la speranza –finalmente in Cristo- ricompensata.

Quello che è certo è che visitando questo luogo sacro ci si lascia interpellare dalle immagini che scorrono davanti agli occhi in questo complesso. Nella notte della grande veglia della Redenzione[11] la Chiesa definisce la colpa originale di Adamo una «Felix culpa», perchè proprio essa ci ha meritato un così grande Redentore. Cristo si è incarnato per noi e si è fatto Uomo[12], per concederci la Salvezza e donarla a tutti! Ecco motivata l’origine di tale complesso architettonico.

Il mistero pasquale è qui celebrato. Grandissimo il Mistero del Cristo Crocifisso e Deposto. Al di sopra –in una formella di legno dipinta, l’illustrazione- un Volto del Mandylion trattenuto e mostrato a noi da un angelo. Tutto questo mistero del dolore ci dice la grande gioia che è la Salvezza resa all’umanità –ora redenta- dall’insondabile iniziativa del Padre che –nel Suo Figlio sacrificato- riconcilia a sé l’uomo. È il significato della Speranza resa ad un mondo che si è a Lui ribellato, che poi ha dovuto accettare che il Dio si facesse Uomo e che consentisse a Lui che diventasse Luce per il mondo, ma in un certo non La accolse. Eppure questa Luce ha illuminato con la Sua Verità la storia che ora è riscattata nel Suo Sangue e con il Suo Sacrificio.

Il teatro temporale di questa riconciliazione è la Settimana Santa in cui vengono celebrati delle processioni che coinvolgono la Cittadinanza.

Non resta che porsi nell’ipogeo della chiesa e “leggere” gli affreschi degli Alberti. Entrando ci appare –centralmente- l’opera del Risorto che incede -con un passo quasi di danza- dal Sepolcro fra lo sconcerto dei soldati letteralmente basiti. Il Cristo Redentore e attraverso quale prezzo Egli ti ha riscattato dal male e l’insegnamento di Giovanni Paolo II il giorno della sua elezione «Non temete Cristo», l’Uomo dei dolori!

Occorre ascoltare, meditare, credere e convertirsi. A pochi passi la cattedrale al cui interno –attualmente- il Volto Santo, simbolo cristico che rimanda –in maniera impressionante- all’immagine della Sacra Sindone ed un’opera multipla di Raffaellino del Colle. All’interno del complesso di San Rocco ci si può scoprire ad ascoltare se stessi, le proprie inquietudini. In questo tempio gerosolimitano ci si può riscoprire vis à vis con Gesù. Qui si può aderire a Lui, al Suo Corpo Mistico che vive oggi nella Santa Chiesa. Ho avvertito visitando più volte e soffermandomi sulle plastiche e sui dipinti di questa Gerusalemme di Borgo Santo Sepolcro partecipe e cor-redento da Lui ed in Lui!

 


 

La chiesetta di San Rocco venne edificata nella seconda metà del Cinquecento dalla Compagnia del Crocifisso costretta in quegli anni ad abbandonare[13] la propria sede fuori dalle mura cittadine. Durante il Cinquecento difatti Cosimo I de’ Medici riordinò il sistema urbano potenziando le mura e facendo abbattere i cosiddetti “borghetti” esterni alfine di migliorare la sicurezza della città costringendo però ingenti mutilazioni agli Ordini Religiosi, Confraternite e privati cittadini a trasferirsi all’interno della cinta muraria.

La chiesa di San Rocco in Borgo Santo Sepolcro è resa famosa per la riproduzione del Santo Sepolcro gerosolimitano, sul modello della fiorentina Cappella Rucellai, che sorge nell’Oratorio il cui accesso è in via Ambrogio Traversari, al di sotto della chiesa.

La custodia dell’intero complesso è affidata alla Confraternita della Misericordia che ha qui la sua sede. Ancor oggi i confratelli della Misericordia svolgono solenni processioni pubbliche in corrispondenza del Venerdì Santo e della festività di San Rocco, durante la prima festa prendono parte ad una processione tutti i membri aderenti con un cappuccio nero, la cosiddetta “buffa”[14] con partenza intorno alle 21 dalla chiesetta ed arrivo alla Cattedrale di San Giovanni Evangelista sfilando in corteo trasportando i loro gonfaloni e il Cristo Morto per le vie della Città diretti all’incontro col Vescovo o un suo delegato[15].

 

L’interno della chiesetta si presenta composto di una semplice aula rettangolare dalla copertura a volta. Entrando dal portale, superati quattro gradini, ci si accorge della preziosità dell’altare ligneo, intagliato e laccato[16], posto frontalmente al visitatore. Questo sontuoso altare chiude la parete di fondo, ostruito per far da cornice ad un’immagine de “La Pietà” molto venerata e capolavoro della scultura lignea romanica, un tipo molto famoso presentante la deposizione dalla Croce -soprattutto in ambito medievale e rinascimentale-. Questa scultura policroma raffigurante il Cristo mostra un elevato realismo, vibrante, nell’atto di esser staccato dal patibolo: gli occhi sono chiusi, la spossante agonia ha lasciato il sopravvento alla soverchiante morte, il corpo reca i segni evidenti della passione, le braccia sono pendenti in avanti ed i piedi sono stati appena liberati dai Chiodi. L’immagine è altamente drammatica, ricca di pathos e di una vibrante suggestione.

 

Al centro della macchina dell’altare ligneo campeggia il Cristo deposto dalla Croce una scultura eseguita nella prima metà del 1200 da un grande artista come si può vedere dalla fine fattura[17]. Quasi sicuramente faceva parte di una composizione comprendente altre statue andate poi perdute. Nel passato la nicchia era chiusa da due sportelli dipinti, che sono stati collocati sulla parete destra. L’altare si conclude in alto con gli angeli che mostrano gli strumenti della passione.

Al di sotto della scultura della Pietà, si conserva in una nicchia il Cristo Morto. La statua del Gesù Morto è il simulacro venerato e trasportato processionalmente durante la Settimana Santa, risalente al XVII secolo[18]. Nel corso di tutto l’anno la statua –dal verismo toccante- è conservato nella chiesa di San Rocco al di sotto dell’effige della deposizione. Un tempo questa bella espressione devozionale della morte del Nostro Signore Gesù Cristo, risorto dai morti il terzo giorno, era custodita su di una mensola -ancora presente- nell’Oratorio. Il Cristo Morto era quindi posizionato al posto dell’attuale immagine della Risurrezione di Raffaellino del Colle e dava possibilità a chi visitava l’Oratorio di poter contemplare -centralmente- l’edicola del Santo Sepolcro di Gerusalemme di poter contemplare l’effige del Cristo morto e risorto per noi!

Sulla parete di sinistra in una nicchia con decorazioni floreali barocche la statua di San Rocco recante i simboli classici dell’iconografia agiografica: il bubbone sopra il ginocchio sinistro, il cane col pane fra i denti, il mantello da pellegrino con la conchiglia ed il bastone. Il Santo, nativo di Montpellier –cittadina francese- è il protettore dei pellegrini ed è chiamato contro il male della peste e le epidemie. Certamente non è un caso che la chiesa sia proprio dedicata a San Rocco. Dinanzi questa statua possiamo così pregare:

«O glorioso San Rocco, vero modello di carità verso Dio e verso il prossimo, noi fiduciosi ricorriamo alla vostra potente intercessione. Voi, che per imitare più da vicino Gesù, distribuiste il vostro avere ai poveri, viveste da povero e vi consacraste tutto a servizio dei bisognosi, persino degli appestati, soffrendo disagi d’ogni sorta e spasmodici dolori allorché foste colpito dal morbo letale, impetrate a noi pure la grazia di non avere il cuore attaccato alle cose caduche di questa terra e di soffrire con rassegnazione le tribolazioni e le disgrazie di questa vita per meritare quella gloria che voi già godete in Paradiso. Così sia».

Sulla parete destra si trova un San Sebastiano, tela attribuita a Leonardo Cungi ( ? - 1569) e gli sportelli dipinti che chiudevano il Cristo deposto; alla parete sinistra una tela del secolo XVII raffigura San Giacomo Maggiore, San Giacomo Minore e San Tommaso.

L’oratorio inferiore di San Rocco è situato al di sotto della chiesa e scendendo da via Pier della Francesca vi si accede dalla parallela via Ambrogio Traversari, attraverso un bel portale in pietra serena con timpano spezzato discendendo una rampa di scale sulla sinistra. Dal vestibolo si passa nell’oratorio, un’aula quadrangolare dall’asse leggermente inclinato a sinistra, dove nelle dodici lunette sono affrescate scene della vita e della passione di Cristo.

La narrazione inizia –consequenzialmente- a destra dell’altare sulla prima lunetta. Iniziamo la lettura guardando al fianco dell’altare: L’Annunciazione; La Nascita di Gesù; La Adorazione dei Magi; La Presentazione al Tempio; Gesù tra i dottori; l’Ultima cena; Il Getsemani; Il bacio di Giuda; Il processo a Gesù; La Flagellazione; Cristo deriso; Ecce Homo; La salita al Calvario; la Crocifissione con l’Annunciazione e si conclude con la Crocifissione, sulla parete di fondo due figure di profeti. Nelle vele sono dipinti putti alati e al centro della volta l’Ascensione di Cristo con lo stemma della famiglia Rigi. Nelle lunette i vari episodi della Passione di Cristo. Il ciclo commissionato per l’Oratorio dalla Compagnia del Crocifisso ed è stato realizzato i fratelli Alessandro, Cherubino e Giovanni Alberti[19].

Nella parete di sinistra, prospiciente l’ingresso, si presentano diverse ed evidenti fessure[20] in corrispondenza della cornice che marca –al di sotto- tutti gli affreschi e l’intersezione fra le pareti verticali e la volta si possono scorgere tracce di oro. Ciò fa supporre che un tempo tutto l’Oratorio fosse bordato da decorazioni e dorature, ricche e preziosi stucchi degni di chiese di alto rango[21]. Anche per questo motivo riteniamo che il complesso di San Rocco sia stato, chiesa ed oratorio, un vero e proprio Santuario, assai amato dalla popolazione di Borgo Santo Sepolcro e disposta a spendere in arredi, decorazioni, dipinture e statue per magnificare il Signore[22]!

Sopra l’altare ha sede un bel paliotto in legno intagliato e dipinto, la Resurrezione di Raffaellino del Colle[23], una replica, che presenta leggere varianti, rispetto lo stesso soggetto dipinto per la Cattedrale di Borgo Santo Sepolcro. In origine non doveva essere collocato centralmente, molto probabilmente era addossato ad una parete, e la nicchia che lo ospita era vuota e consentiva ai visitatori di poter osservare e meditare dinanzi all’edicola riproducente, in scala, il Santo Sepolcro di Gerusalemme. La tavola dipinta nel XVI secolo versava in pessime condizioni, ha subito un restauro a fine dello scorso millennio ed ora è visionabile durante la Settimana della Santa Pasqua, in particolare il giorno di Domenica quando l’Oratorio è visitabile tutto il giorno. La tavola dell’altare maggiore, dipinta dal pittore Raffaellino dal Colle, invita –ora- quanti entrano nell’Oratorio e visitano il Santo Sepolcro a rinnovare la propria fede nel Cristo Risorto, unitamente al ciclo pittorico e scultoreo dedicato alla Passione di Gesù.

Attraverso due porte ai lati dell’altare con formelle intagliate e raffiguranti il Peccato originale e la Cacciata dell’Eden (sec. XVI) si passa nel vano retrostante dove si trova la riproduzione in scala del Santo Sepolcro di Gerusalemme (datato 1629) ad imitazione di quella eseguita da Leon Battista Alberti per la Cappella Rucellai a Firenze, realizzato qui in scala, è di pietra serena anziché marmi. La presenza del sacello sepolcrale rende l’Oratorio di San Rocco un vero e proprio Santuario dedicato alla Resurrezione di Nostro Signore.

Copia in pietra del Santo Sepolcro di Gerusalemme[24]. Esternamente al di sopra della minuscola porticina una lastra dedicatoria ricorda, nel cartiglio posizionato superiormente

«D. O. M.

Cenotaphium

Veram cum trina dime(n)sione

eius Sepulchri forma recere(n)s

in quo Xps Dns triduo

Ier(usa)lem examinis iacuit

ide dicere nilapis diversus se(n)et»

e continua parlando del Borgo di Santo Sepolcro, che si dice

«Sub hoc numine nomen

mutuata haec civitas

optime munita vivit

 nec moritura

anno a Deo sepulto».

Al fianco dell'edicola riproducente l'Anastasis gerosolimitana leggiamo su di una lastra commemorativa del Cavaliere Luigi Gherardi dell'Ordine Militare di Santo Stefano Papa e Martire (la lapide è stata posta dal nipote, si veda foto).


 

La confraternita del Crocifisso e della Misericordia in Borgo Santo Sepolcro

 La chiesa di San Rocco in Borgo Santo Sepolcro nasce quale antica residenza della Compagnia del Crocifisso e poi della Confraternita di Misericordia.

Qui uomini e donne di ogni ceto si sono incontrati ed hanno testimoniato una carità cristiana generosa e senza limiti. La chiesetta di San Rocco -nel suo complesso monumentale- ha organizzato un vero e proprio Santuario dedicato alla memoria del Mistero della Salvezza, è divenuta una vera e propria “Sancta Hyerusalem Burgensis” meta del pellegrinaggio dell’intera zona.

La piccola Gerusalemme cittadina, il Golgota di Borgo Santo Sepolcro, fulcro delle celebrazioni della Settimana Santa, riproducente –a livello mensurale- l’edicola del Sepolcro di Nostro Signore.

La Compagnia del Crocifisso viene fondata da 4 ciabattini nell’anno 1492[25] nel borghetto fuori Porta Romana. I quattro aderenti si incontrano in una cappella che conserva un crocifisso miracoloso e si impegnano a curare i malati gravi, anche di peste, e a seppellire coloro che muoiono per terribili epidemie.

Fra il 1519 ed il 1522 la peste flagella la città. E’ la prima grande prova per il Borgo di Santo Sepolcro. Il morbo della peste colpisce per 3 anni la città. In questi anni così terribili muore –tra i tanti- anche il primo vescovo, mons. Galeotto Graziani, monaco camaldolese ed ultimo abate.

I confratelli della Compagnia del Crocifisso realizzano con eroismo la loro opera di misericordia. Nell’anno 1523 cessa l’epidemia, i confratelli compiono un pellegrinaggio di ringraziamento alla Santa Casa di Loreto, di questo viaggio di suffragio resta una tavoletta votiva oggi al Museo.

Successivamente alla predicazione quaresimale del padre Giuseppe da Milano, cappuccino, nel 1538 i confratelli del Crocifisso prendono la “disciplina” ed si impegnano a rispettare in maniera ancor più rigorosa una regola di preghiera e penitenza.

Il granduca Cosimo nel 1554 ordina l’abbattimento dei “borghetti” esterni alle mura per motivi di sicurezza. Nel popolare rione di Porta Romana i reggitori della città danno al Crocifisso, nel Borgo Nuovo, la chiesetta della Provvidenza.

Nella seconda metà del Cinquecento viene ordinata dalla Compagnia la costruzione della chiesa superiore, attuale San Rocco. La chiesa sorge su dei locali bassi, già precedentemente occupati da fondi, che diventano l’attuale Oratorio.

Tra il 1588 ed il 1589, almeno per quanto concerne l’arredo, la fabbrica probabilmente è terminata. Il priore Cosimo Rigi provvede al pagamento dell’opera, lo sappiamo dai diari degli Alberti, gli autori del ciclo affrescato dell’Oratorio, proprio in questi anni.

All’interno dell’ipogeo vengono posti: dapprima l’altare dell’oratorio e successivamente nell’anno 1629 una copia esatta del Santo Sepolcro di Gerusalemme completamente realizzato in pietra grigia serena, sul modello della cappella fiorentina Rucellai.

È durante la prima metà del Seicento che –in linea con quanto accade nell’Italia Settentrionale, proprio nelle zone maggiormente liminari, quelle cioè più vicine all’avanzata del protestantesimo, in base all’attuazione del Concilio di Trento[26]- viene sistemato ed allestito un vero e proprio “Santuario della Passione”, un Sacro Monte[27] nel Borgo di Santo Sepolcro. Dalle fonti dell’archivio sappiamo che San Rocco aveva una collezione di almeno nove grandi statue: restano il Crocifisso e il Gesù Morto della chiesa superiore e il Gesù alla Colonna della cappella sinistra inferiore.

A partire dal XVII secolo in corrispondenza della Settimana Santa i confratelli organizzano gesti di pietà, ostensioni di singole statue, paraliturgie, percorsi penitenziali interni al complesso e grandi processioni popolari per le strade del Borgo. Questa prassi liturgico-devozionale, simbolo di una forte e cocente fede verso il Santo Sepolcro gerosolimitano, è ancora oggi celebrata la sera del Venerdì Santo con partenza dalla chiesetta di San Rocco. Questa processione notturna del Gesù Morto lungo le principali vie del centro inizia ad essere celebrata annualmente e diviene il simbolo di San Rocco e della devozione dell’intera cittadinanza[28].

Nell’anno 1785 la compagnia del Crocifisso -per decreto del granduca Pietro Leopoldo- viene soppressa come tutte le antiche compagnie.

La cittadinanza non può accettare un simile affronto e nel 1793 -su pressione del popolo e del vescovo Costaguti- il sodalizio è interamente ricostituito e reintegrato nei suoi beni.

Il complesso di San Rocco nell’anno 1816 passa alla Confraternita di Misericordia che ancora ha quivi la propria sede.


 

La solenne processione del Venerdì Santo della Confraternita di Misericordia

 È un Venerdì Santo freddissimo.

Ieri durante tutta la giornata ha nevicato nella vicina Umbria persino nel capoluogo di Regione, Perugia. Un’atmosfera pungente, forse più natalizia che pasquale.

Sento telefonicamente il vicepresidente della Misericordia di Borgo Santo Sepolcro.

Mi risponde dall’Azienda Sanitaria Locale, è in servizio. Con la voce tipica dei toschi mi annuncia che nel pomeriggio ci si potrà vedere e sarà a mia completa disposizione. Come lui digiunerò. Bruno è ciaccoloso e contento, come tutti i toscani. Ci si dà appuntamento al primo pomeriggio.

Arrivo poco prima dell’apertura della chiesa.

Una stretta di mano solida ed un cicerone d’eccezione. Sono a Borgo Santo Sepolcro e sento l’entusiasmo, partecipando ai preparativi, di chi mi fa da guida con orgoglio. In realtà il brulicare di ciascun abitante, o in visita o a darsi da fare per ultimare i preparativi.

Il senso di morte sembra dilatarsi, spasmodicamente all’infinito. Questo soverchiante ed angosciante lutto è reso anche dalla luce e dal clima uggioso, sconcertante e triste. Tutto è così buio in quest’ora nona. Tutto è eppure fervente. Dinanzi la chiesa di San Rocco un parchetto con un busto dell’illustre pittore della Risurrezione, simbolo peraltro della cittadina aretina. Tutti sfilano mesti con l’ombrello aperto ed un freddo che quasi gela le ossa.

Entro nella chiesina. Leggermente animata da una febbricitante folla, a ondate, tanta gente che si segna dinanzi il Cristo Morto. Tante rose rosse intorno. Tante candele accese. Sembra di assistere ad una vera veglia in una camera ardente. Tutto è così reale. Vissuto. Qualche signora piange pregando, forse affidando a quel simulacro seicentesco tutte le proprie angosce e preoccupazioni.

Fuori intanto continua a piovere. Tutti i confratelli della Misericordia corrono a destra e a manca per finire di addobbare la chiesetta l’esterno. Tutti mestamente si danno da fare.

La Croce al termine del “Golgota” cittadino viene bardata di olivi come la scalinata della viuzza Pier della Francesca. Sulla Croce più alta e centrale, quella del Signore, verrà posto verso il tramonto una bardatura bianca. Sui perimetrali del complesso di San Rocco vengono posti dei sostegni per le torce che stasera saranno accese durante la processione pubblica.

Tante vecchiette continuano ad entrare per inginocchiarsi sulle panche, nonostante l’artrosi e gli acciacchi. Tutte pregano compostamente e si nota lo sforzo, la mestizia, quasi fosse morto il loro più caro congiunto. Sembra di essere caduti indietro nel tempo. Pare d’essere nella Città Santa intorno all’anno 30, al tempo della morte di Gesù Cristo il Nazareno. Qualche uomo entra e si leva il berretto se ne sta sul fondo e guarda. In piedi. Come ad un funerale.

Qualche donna parla con altre amiche in un bel dialetto tosco fuori dal portale, una lingua quasi incomprensibile. Nonostante la “giornata di lutto” per la cristianità, qui sono tutti felici, nelle vie limitrofe c’è un vociare per la processione serale. Un dubbio pervade tutti: si farà? «Dacché sono al mondo -dice una signora- si è sempre celebrata!» un’altra subito la corregge «Ma circa vent’anni fa fu brevissima, andarono subito in cattedrale, senza far il giro solito». Tutti in paese azzardano ipotesi. Una sorta di scommessa collettiva per stasera, per una processione così sentita.

L’aria è fredda e continua a piovere. Delle «nubi a monte, pioggia all’orizzonte -mi commenta Bruno- magari fosse alla piana –continua-, la pioggia s’allontana». Sorride e spera non diluvi. In tutti c’è quest’apprensione per la realizzazione del corteo. Quasi fosse una questione personale. Precisa il vicepresidente che se dovesse continuare a piovere la si farà ma coprendo con un telo di plastica il Cristo Morto.

Iniziamo a visitare l’ipogeo. Nel frattempo diverse signore portano le tuniche e i cappucci neri. La mia visita si colloca in questo giorno che la Divina Liturgia contempla la morte del nostro Signore. Mi propongo ripensando alla Liturgia odierna di meditare sulla “Croce” (simbolo ignominioso) e fra me penso ne evacuata sit crux! In questo Sepolcro vuoto, chiuso ai visitatori, ai suoni esterni, mi parla anzitutto il silenzio. Sento qualcosa di profondo, si propone come contemplazione della Croce, subito dopo la Deposizione ed il Cristo Morto nella chiesa superiore, dall’edicola riproducente il Santo Sepolcro di Gerusalemme. È un’emozione vibrante che scorre sotto la pelle quasi come il sangue. Ripenso e guardo. Ed intanto mi viene detto che posso fare le foto che desidero. L’emozione è grande, il Santissimo è aperto. Vivo come lanciato indietro nel tempo.

Il Venerdì segue il Giovedì Santo quando, di sera, è prassi di Borgo Santo Sepolcro eseguire l’Adorazione Eucaristica presso l’Oratorio in cui sia gli aderenti della confraternita, la cittadinanza ed i Cavalieri dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro. So che dopo la messa in coena Domini, dopo la lavanda dei piedi, gli aderenti alla confraternita si cibano di carne d’agnello ed erbe amare all’in piedi come gli ebrei nella loro Pasqua ebraica.

Ciò che mi colpisce è certamente quella pala occlusiva di Raffaellino Dal Colle. Dovrà esser stato più coinvolgente il Venerdì Santo durante il Seicento, Settecento, l’Ottocento ed il Novecento sino all’inserimento della bellissima Anastasis che cela il sito celebrante e riproducente il Santo Sepolcro. Sicuramente più caratteristico, maggiormente sepolcrale, proprio nella Città che a livello toponomastico rileva questo attaccamento alla Città Santa ed al fulcro della cristianità tout-court.

È un susseguirsi di chiamate al cellulare. Tutti vogliono sapere se la processione avrà luogo. La copertura di qualsiasi gsm non è però ottima, muri perimetrali spessi e molte, troppe, colline. Ci portiamo sul campanile del Duomo. Molte scale a pioli, in legno, altissime. La visuale è stupenda. Una brulicante folla di passanti si dirigono verso San Francesco Saverio, verso la scalinata che conduce alla chiesetta di San Rocco ove è esposto il simulacro del Cristo Morto. I tetti. Le nubi dense e cariche di pioggia sfumano gli ultimi minuti di luce. L’aria si raffredda sempre più. 

La Processione del Venerdì Santo è un pio esercizio di origine medioevale. La veste dell’attuale corteo religioso ha origine a partire dagli inizi del XX secolo. L’ente organizzatore di questa manifestazione è la Confraternita di Misericordia[29] che contribuisce con i propri aderenti ed i volontari addetti al soccorso alla processione serale.

Ciò che stupisce chi non conosce la prassi del Borgo sono gli “incappucciati”. I confratelli di Misericordia si vestono con l’antica cappa nera e relativo cappuccio, detto “buffa”. Questo Venerdì Santo la temutissima pioggia continua a scendere. Si decide di eseguire egualmente la processione. Intanto pochi minuti dividono dalla partenza. Neppure un quarto d’ora. La luce non c’è, è tramontata da oltre un’ora. Intorno alle 20,30 entrano ed escono pochissime persone. I molti confratelli della confraternita arrivano alla spicciolata. Un capannello di una trentina di persone, fra cui i volontari della protezione civile e quelli del soccorso della Misericordia si pongono sul portale ed in prossimità dell’ingresso. Manca quasi dieci minuti. Tutto sembra così vuoto, deserto. Un urlo afono. La pioggia continua fine fine ma battente, incessante.

Qualche preghiera prima di iniziare il corteo, e poi di corsa nell’attigua via Traversari, le scale della via Pier della Francesca, subito a destra via Aggiunti e dentro a prendere il Cristo Morto.

Un Crocifisso di epoca barocca –la Chiesa era un tempo retta dalla Compagnia del Crocifisso- apre la processione con i mazzieri[30] scortati dai carabinieri in alta uniforme.

All’interno della processione, occupante il centro della processione, il simulacro del Gesù Morto.

Gli sguardi da sotto la “buffa” dei volontari addetti al trasferimento di Gesù defunto sono imperturbabili. Eppure lì sotto c’è Bruno, suo figlio, Michele e tanti altri.

Il cappuccio nero è comunque segno dell’anonimato e della carità che i confratelli di Misericordia sono chiamati a compiere nella totale gratuità e senza ricevere nulla in cambio. Ciò che è condotta in processione è soprattutto la fede di un Borgo, dei suoi abitanti, dell’amore e venerazione per Gesù Cristo Salvatore e Risorto. La passione, l’entusiasmo ed il pio esercizio della devozione popolare accorata ed estremamente animata negli aderenti verso il Figlio, Unigenito del Padre.

Simile ad altre processioni presenti in altre parte d’Italia, frutto della venerazione e del culto della Settimana Santa, estremamente caratteristica come prassi liturgico-devozionale. Eppure così diversa. Non un’attrattiva turistica. Un atto di devozione. Un’operazione frutto di pietà popolare e di inscalfibile fede.

Ad accompagnare il simulacro del Gesù Morto processionalmente è accompagnata la statua della Madonna Addolorata, risalente al XIX secolo, conservata nella Chiesa di San Rocco.

Alle 21 parte la solenne processione aperta dall’autorità ecclesiastiche.

Intanto la pioggia continua a gettarsi su tutti. Ciò che sconcerta è la partecipazione.

La gente pare essersi esponenzialmente aumentata. Nel giro di pochi minuti da una cinquantina, a più di un migliaio. Tutti con gli ombrelli tranne gli incappucciati ed il Cristo morto coperto da un telo di plastica trasparente. Il corteo procede seguendo il solito giro prefissato. Il Cristo morto giunge in cattedrale verso le 22, la celebrazione continua sino a mezzanotte.

 

La Settimana Santa ha inizio nel complesso di San Rocco in Borgo Santo Sepolcro il Giovedì Santo -In coena Domini- quando verso le ore 20 viene aperto l’Oratorio per l’Adorazione Eucaristica. Viene esposta la Divina Eucaristia nella tradizionale forma del “Sepolcro”.

Il Venerdì Santo -In passione Domini– si inizia la fervente preparazione presso la Chiesa di San Rocco intorno all’ora nona, ore 15, con l’apertura del tempio rochiano ed esposizione del simulacro del Gesù Morto per tutta la giornata venerato dalla cittadinanza. In serata, verso le ore 20, vengono ultimati i preparativi per la processione per le vie del comune con canti, preghiere. Inizia la distribuzione delle candele e si recita il Santo Rosario. Intorno alle ore 21 inizia la solenne processione del Venerdì Santo per le strade del centro storico con l’effige del Cristo Morto recato presso la Cattedrale dedicata a San Giovanni Evangelista.

Il Sabato Santo nella mattina il simulacro del Gesù Morto resterà esposto alla venerazione dei fedeli nella Chiesa di San Rocco.

La Domenica della Santa Pasqua di Risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo è il momento topico di tutto l’anno per la Confraternita e la chiesa. Difatti per l’intera giornata l’Oratorio di San Rocco conserva la tavola della “Resurrezione” di Raffaellino dal Colle, resta aperto per la visita della cappella del Santo Sepolcro - In Resurrectione Domini.

Borgo Santo Sepolcro, 21 marzo 2008

 

 (alcune foto della cerimonia e preparazione)

 

Prof. ALESSIO VARISCO

Storico dell’arte e saggista

Direttore "Antropologia Arte Sacra"


 

[1] La principale chiesa cittadina è dedicata all’autore del Quarto Vangelo, San Giovanni Evangelista, un tempo era un monastero camaldolese.

[2] L’attuale “via Pier della Francesca” –celeberrimo pittore rinascimentale nativo di Borgo Santo Sepolcro-, già “Via Borgo Nuovo”, inizia a declinare con una quindicina di scalini verso il centro storico.

[3] Fino a circa quarant’anni fa la chiesa superiore all’Oratorio custodente un’edicola riproducente il modello gerosolimitano del Santo Sepolcro, che a livello stilistico si ispira nelle forme alla Cappella Rucellai di Firenze.

[4] Una sorta di ascesa spirituale al centro della spiritualità cristiana passando per le maggiori vicende di Cristo tutte sciorinate sui muri o in plastiche dimensioni (la Sua Passione, Morte e Risurrezione). La vita di ciascun Christifideles dovrebbe essere un andare verso Cristo, farsi alla sequela muovendo i nostri passi sulle sue orme, consapevoli che tutto è vanità e non possiamo perderci in vani sogni di gloria, ma invece convertirci e credere al Vangelo. Il complesso di San Rocco in Borgo Santo Sepolcro ha proprio questo significato.

[5] Venivano recitati i misteri dolorosi.

[6] E quindi il significato di un borgo dedicato al “Santo Sepolcro di Gerusalemme” ci dice l’attaccamento alla vittoria di Cristo sul male mediante la Risurrezione dai morti.

[7] Direttamente “nuova” in quanto contraria alle logiche del passato, alla signoria dell’uomo rispetto a quella del Figlio dell’Uomo, il Salvatore ed Unigenito del Padre che è della “stessa sostanza” dal greco omousioV. Della consustanzialità di Gesù Cristo dobbiamo esprimere che questa Città e la sua Gerusalemme terrena ricreata nel presente complesso è l’ennesimo “simbolo” della devozione degli uomini al Cristo Signore dell’Universo morto e risorto per noi in Gerusalemme, la Città Santa e simbolo dell’Anastasis, nonché della vita nuova!

[8] Come già detto “omousios” ossia della “stessa Sostanza”.

[9] Verrebbe da dirsi è così semplice, quasi una assertio visiva che interpella e dà pace.

[10] Formula simile alla liturgia bizantina ed alla prassi della mattina della Santa Pasqua ove nelle isole del Dodecaneso si saluta gli amici e i passanti proclamando «Christos anesti!» Che vuol dire «Cristo è risorto». E la persona salutata risponde «Alithos anesti!» Che vuol dire, «Veramente è risorto!».

[11] Nel preconio pasquale durante la Veglia pasquale.

[12] Egli è l’Unigenito del Padre e Colui che ha riscattato Adamo, l’Uomo Nuovo.

[13] Per motivi di ordine militare.

[14] La “buffa” è il cappuccio nero che non consente l’identificazione dell’aderente, in segno di umiltà. I “mazzieri” sono degli incappucciati della Misericordia recanti un particolare bastone detto “mazza” –addetti al servizio della processione-, unitamente al “crocifero” e a tanti altri incappucciati che devotamente traslano il Cristo Morto durante la processione per le vie di Borgo Santo Sepolcro il Venerdì Santo.

[15] La città di Borgo Santo Sepolcro divenne sede vescovile nel 1520 con Papa Leone X, il primo vescovo –ed ultimo abate camaldolese, ordine che resse il Duomo, ora Concattedrale, per ben mezzo millennio- è Galeotto Graziani.

[16] L’altare è attribuito ai fratelli Binoni, maestranze locali attive tra il XVI e il XVII secolo.

[17] Il Cristo Deposto è una stupenda scultura che presenta una maestria non comune nella elaborazione della modellazione del corpo, dal panneggio stupendamente raffinato del perizoma e dai delicati -ed equilibrati- lineamenti del Volto, da cui traspare una sofferta serenità.

[18] Oggi il Cristo Morto è ubicato in una nicchia al di sotto del Cristo deposto dalla Croce, la scultura seicentesca viene portata in processione per le vie cittadine la sera del Venerdì Santo. Il percorso si snoda partendo dalla Chiesa di San Rocco, prosegue in Via Aggiunti, Via dei Molini Piazza Gramsci, Piazza Sant Marta, Via XX Settembre, Piazza Torre di Berta, Via XX Settembre, Via G. Bruno, Via Aggiunti, Arco della Pesa e Via Matteotti per giungere nella Cattedrale di San Giovanni Evangelista.

[19] Questo ciclo di affreschi è opera dei fratelli Alessandro (1551-1596), Cherubino (1553- 1615) e Giovanni Alberti (1558-1601), come indicato nei documenti di pagamento, dai quali risulta che l’opera era ultimata nel 1588.

[20] Dipese dal recente terremoto del 2001.

[21] Da notare sulla destra di alcuni affreschi degli affreschi dei fratelli Alberti presenta simboli araldici di alcune nobili famiglie di Borgo Santo Sepolcro come i “Cantagallina” –nell’ultimo affresco della lunetta di sinistra al fianco dell’altare ed i “Dotti” –presente sull’affresco della volta-.

[22] Tutto ciò è reso possibile non meramente dall’amore per l’arte sacra, ma da ingenti capitali ceduti alla Venerabile Confraternita, donati o lasciati in eredità da numerosi cittadini. Ciò dimostra un radicato orgoglio di appartenenza ad un Borgo che a livello toponomastico celebra il cristocentrismo della loro comunità.

[23] Raffaellino del Colle è un altro illustre artista di Borgo Santo Sepolcro nato fra il 1494 ed il 1497, morto nel 1566. Al fianco della Cattedrale, sotto il loggiato del Municipio leggiamo in una lapide commemorativa: «Raffaellino Dal Colle/ discepolo del Sanzio/ emulo di Giulio Romano/ i concittadini/ promotrice la società degli artigiani/ reverenti/ questa memoria posero/ il IX settembre MDCCCLXXVIII». Un’altra Resurrezione è presente nella Cattedrale, si può supporre che la tavola oggi custodita dall’Oratorio sia un multiplo.

[24] L’edicola riproducente l’Anastasis gerosolimitana è datata 1629 ed è interamente realizzata in pietra serena. Il pertugio che introduce alla naos è molto basso, meno di un metro, all’interno vi sono ancora visibili i cardini che un tempo chiudevano l’ingresso, al di sopra vi erano delle reliquie provenienti dai Loca Sancta portati dai due pellegrini fondatori della Città di “Borgo Santo Sepolcro” –un tempo antico insediamento romano detto “Biturgia”- con alcuni frammenti del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Oggi le uniche reliquie gerosolimitane sono custodite presso la Concattedrale di San Giovanni Evangelista, un tempo monastero camaldolese.

[25] Nell’anno 1492 fu scoperta il “nuovo mondo” il continente Americano.

[26] Nell’Italia Settentrionale, in prossimità dell’arco prealpino si sviluppano diversi complessi di Sacri Monti, Santuari mariani recanti cappelle che riproducono la Via dolorosa, di solito quattordici cappelle.

[27] Simile dal punto di vista dottrinale/teologico ai santuari voluti dall’Arcivescovo Borromeo.

[28] Un vero e proprio vanto per i ferventi aderenti alla confraternita.

[29] La Confraternita della Misericordia è l’ente che custodisce l’antica chiesa e oratorio di San Rocco, vero e proprio santuario cittadino dedicato alla passione e alla Resurrezione di Gesù. Dagli anni ‘20 dello scorso secolo dalla chiesa si muove la processione cittadina del Cristo Morto.

[30] I “mazzieri” sono gli addetti al servizio d’ordine della processione, che tengono in fila attraverso un particolare bastone detto “mazza”.

 

 


 
 
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