antropologiaartesacra
 
 

 

 
 
 

 www.antropologiaartesacra.it

 
 
antropologiaartesacra  
   

 

Pellegrini, pellegrinaggi e ... Rotonde.

Roma e il territorio laziale

 

Parte II

 

La chiesa di Santo Stefano Rotondo a Roma

Posta sul Celio -cioè uno dei sette colli romani- la chiesa di Santo Stefano Rotondo si sovrappone al Castra Peregrina, adibito alla raccolta e smista mento delle legioni di passaggio nella città e par zialmente demolito sul finire del V secolo proprio per la sua costruzione. Voluta e consacrata da Papa Simplicio, la costruzione è importante per la sua localizzazione, infatti è la prima chiesa cristiana all’interno delle mura ed in prossimità dell’abitato. Giova ricordare che Costantino fa erigere la prima chiesa cristiana a San Giovanni ben lontano dalla città romana e che le altre chiese prima di Santo Stefano, erano state sempre esterne alle mura e costruite su tombe e cimiteri, quindi questa costru zione con la sua localizzazione rappresenta un momento significativo nell’ organizzazione della nuova città cristiana.

La chiesa è concepita ah origine come Rotonda, impostata su tre cerchi concentri ci e ricalca quasi fedelmente le misure del Santo Sepolcro costruito da Costantino — cioè è la memoria di una memoria — e aveva numerosi ingressi proprio perché legata ai pellegrini che vi potevano accedere da più punti, pellegrini che nel visitarla pregavano davanti a “qualcosa”, posto nella parte centrale che a tutt’oggi non cono sciamo.

E interessante sapere che la base della chiesa ha un diametro di 144 cubiti e che l’altezza al centro è di 144 cubiti, cioè vi si può iscrivere una sfera di 144 cubiti che poi non è altro che 12 (x4) per 12 e non è questa l’unica indicazione numerologica da sottolineare, per ché è chiaro ed inequivocabile che forma e misure sono relazionate a significati e sim boli e che Santo Stefano, è la trasposizione della Gerusalemme Celeste dell’ Apocalisse di San Giovanni. Come è altresì evidente che il cerchio della pianta si raffronta con il quadrato di San Giovanni, indicando il tentativo dell’uomo di quadrare il cerchio, e l’innalzarsi dalla sua umanità, con l’innalzarsi al cielo e al tondo che da sempre lo rappresenta.


 

 

La Basilica del Santo Sepolcro ad Acquapendente

Posta a ridosso della Porta omonima della città, del torrente Quintaluna, della Cassia Francigena e delle mura urbane, la Basilica è nell’aspetto attuale la sommatoria di diversi interventi costruttivi e/o demolitori di cui gli ultimi databili agli anni ‘50 (arch. V. Fasolo) conseguenti le distruzioni belli che del 1944.

Il complesso architettonico d’impianto altomedioevale, ha nella cripta romanica e nell’Edicola che ne è posta al centro, l’elemento di maggior interesse. L’Edicola in particolare, forse preesistente anche alla fondazione della chiesa, risulterebbe essere la prima “Memoria” del Santo Sepolcro in Europa, fatto non impossibile, considerata la sua strategica localizzazione lungo la Francigena, ed il legame ampiamente testimoniato nel tempo proprio con Basilica di Gerusalemme e l’Ordine del Santo Sepolcro come ben ricordò il Cardinale Gran Maestro il 4 giugno del 1950 nell’inaugurazione del restauro post-bellico:

La donazione del 29 ottobre 993 dei Marchesi Ugo e Giuditta di Toscana creò qui con il tempio e l’annessa Badia benedettina il priorato di Acquapendente, soggetto al Patriarcato Latino di Gerusalemme e al Capitolo della Basilica Patriarcale del Santo Sepolcro, donde ebbe origine l’Ordine Equestre del Santo Sepolcro... Acquapendente... Divenne anzi quasi un lembo della stessa Gerusalemme, non soltanto per la pia riproduzione del Santo Sepolcro, ma soprattutto per le insigni reliquie della Redenzione che fanno …. della cripta — vi era inciso — un ‘Sancta Sanctorum’.

L’Edicola di Acquapendente, o Sacello come comunemente è chiamato, è già descritta esistente ed a forma di piramide su base quadrangolare, da S. Willibaldo nel 725, e risulta ripetere dimensioni e orientamento di quella dello stesso periodo di Gerusalemme.

Difficile dire se l’Edicola abbia preceduto ogni costruzione o se fin dall’origine sia stata compresa in una chiesa successivamente ingrandita e varie volte ricostruita. E comunque certo che nel 993 è menzionata esistente un Abbazia del Santo Sepolcro ad Acquapendente dipendente da quello di Gerusalemme cui è effettuata una donazione, ed è presumibile che la sua fondazione sia della seconda metà del X secolo, forse per volere di Ottone I la cui presenza è più volte accertata ad Acquapendente in quel periodo.

Vuole la tradizione che una Regina Matilde 30 diretta a Roma per costruirvi una chiesa dedicata al Santo Sepolcro, a Porta Romana ad Acquapendente, all’altezza del torrente Quintaluna si fermi perché i muli carichi d’oro non intendono proseguire, anzi spesso si inginocchiano; in sogno alla regina è chiesto di costruire la chiesa in questo luogo.

Ulteriore testimonianza dell’importanza dell’Abbazia, dell’Edicola e delle reliquie — e del suo stretto legame con il Santo Sepolcro di Gerusalemme è documentabile poi nel 1149, quando Papa Eugenio III consacra la ricostruzione romanica della chiesa, e il Vescovo Aldobradino di Orvieto l’altare della cripta e nello stesso anno un legato del Papa l’Abate Fulcherio consacra invece la ricostruzione della Basilica di Gerusalemme.


 

 

La chiesa di San Flaviano a Montefiascone

Più comunemente denominata il Tempio di San Flaviano, sorge su di un percorso primario di collegamento tra l’Umbria e Italia Centrale con la Francigena, cui deve la sua importanza come stazio dei pellegrini da e verso Roma e Gerusalemme.

Sul luogo sorse inizialmente una chiesa dedicata alla Vergine (VI sec.?) elemento centrale del borgo di San Flaviano distrutto nel 1187, e menzionata nell’ 852 in una Bolla di Leone IV che elenca al Vescovo di Viterbo le chiese della sua giurisdizione. Nel IX secolo vi sono traslate le spoglie di San Flaviano da Aquae Taurinae, cui la chiesa è successivamente intitolata con la ricostruzione del 1032, quindi nel 1300 è costruita la facciata attuale ingrandendola anteriormente di 5 o 6 metri, mentre nel 1500 è costruita una serie di cappelle sul lato sinistro superiormente alle quali sono realizzati dei locali per ospitare pellegrini, recente mente eliminati.

La costruzione si presenta all’esterno a pianta rettangolare, mentre all’interno appare come un poligono costituito da due piani comunicanti tra loro a basi disuguali, con tre absidi nella parte terminale. Senza dubbio la chiesa ha un impianto suggestivo, e anomala in cui molti hanno voluto riconoscere una similitudine con quello del distrutto San Donato ad Arezzo, costruito nel 1032 e con quello della Pieve di Sant’Appiano presso Poggibonsi. mentre altri studiosi ancora vi hanno voluto rileggere l’impianto di una Rotonda.

Nulla di meno concreto per totale mancanza di documentazione, tradizione, conservazione di reliquie e ogni altro segno che caratterizza la “Rotonda”, anche se la chiesa è stata sempre un importante punto di sosta dei pellegrini.

Il Sepolcro della chiesa di Castel Cellesi a Bagnoregio Castel Cellesi è una frazione del Comune di Bagnoregio, posta lungo la via Teverina, costruita a partire dal 1664 da Girolamo Cellesi, cui Papa Alessandro VII concede l’infeudazione di Selva Grande per essere eretta in castello in nome di Castel Cellesi.

La chiesa del Santo Sepolcro, oggi cappella cimiteriale, accessibile originariamente solo da un viale in forte salita fiancheggiato da cipressi, è a navata unica, orientata con la porta principale a N-E e vi corrispondono due titoli quello della Madonna del Soccorso dell’originaria intitolazione e quello del S. Sepolcro con il quale è oggi comunemente identificata. La chiesa è eretta per volere del conte Girolamo Cellesi, che nel 1673 con atto redatto nella cancelleria vescovile si assume l’obbligo di pagare 24 scudi ad un sacerdote per la celebrazione di 12 messe l’anno e che nel 1674, chiede ed ottiene dal Vescovo, l’autorizzazione a costruire una cappella da dedicare alla Madonna del Soccorso di Pistoia.

La costruzione originaria era più piccola dell’attuale, identificabile con la parte vicino all’altare probabilmente e con accesso opposto. Dopo alcuni anni, nel 1703, il conte Francesco Cellesi, chiede alla Custodia di Terrasanta, delle reliquie dei Luoghi Santi, ed avuta la certezza che gli sarebbero state inviate decide di ampliare la Cappella precedentemente edificata nella quale decide di inserisce una ricostruzione dell’edicola del Santo Sepolcro in cui collocarle

L’operazione si rivela tecnicamente complessa, a stare ai resoconti dell’epoca, soprattutto per la presenza di una roccia sul luogo destinato all’ampliamento, che risulta impossibile da togliere, per cui l’Edicola finisce con l’inglobarla, ed è in parte a tutt’oggi visibile in un apertura nella parte posteriore. Difficile capire se la scelta sia stata voluta o casuale, è comunque certo, che tutto ciò crea ulteriore similitudine con il luogo originario di Gerusalemme.

L’Edicola, era sormontata come indica una descrizione del 1939 da una cupoletta sostenuta da leggere colonnine oggi persa. In realtà si tratta di una camera sepolcrale realizzata in muratura, con una piccola apertura frontale inserita in una nicchia che oggi ospita un grande Crocifisso , autonomo rispetto alla parete posteriore, con all’interno un letto sepolcrale visibile da una piccola apertura laterale, sotto del quale dovevano trovare posto le reliquie custodite dietro una grata in ferro apribile. Il sepolcro è in muratura intonacata e dipinta, su tre pareti con un motivo a intera altezza che creando una sequenza di colonne con capitelli raccordati da archi, cerca di dare l’illusione a chi guarda di essere posti in un colonnato — o meglio in una Rotonda — da cui si osserva un secondo muro sempre dipinto, mentre la quarta parete ossia la facciata è segnata agli angoli da lesene dipinte in finto marmo e reca la scritta Et posuit illud in monumento suo novo.

Nella sua semplicità è da ritenersi un ottima memoria dell’Edicola di Gerusalemme, soprattutto per il tentativo interessante di voler dare l’illusione di vedere l’Edicola da sotto il porticato dell’Anastasis.

All’interno della chiesa una lapide ricorda la costruzione del Sepolcro , rilevata anche nel verbale della Confraternita di Gesù e Maria del Santo Sepolcro che il Conte volle fondare a supporto della Chiesa e del messaggio che voleva far giungere alla collettività del suo feudo.

Il progetto del Conte è stato in verità più complesso, infatti lungo il viale di accesso alla chiesa sono state poste 5 edicole con la raffigurazione dei misteri dolorosi del Rosario, 5 soste per la preghiera e di riposo nella ripida salita alla chiesa, in seguito sostituiti da una Via Crucis di cui rimangono alcune delle stazioni come quella sul lato destro dell’entrata.

La Chiesa ebbe indulgenze concesse con Breve di Clemente XI fatto che ne fece un polo di attrazione per quest’area della Teverina fino alla seconda metà dell’800. Probabilmente l’associazione a chiesa cimiteriale, fece scemare l’interesse al pellegrinaggio ed alle particolari devozioni al Sepolcro, dando alla chiesa nuovi interessi e significati, sia per gli abitanti di Castelli Cellesi che dei centri contermini.


 

 

Gruppo della Pietà o Sepolcro nella chiesa di Santa Maria del Sepolcro di Vicovaro

La chiesa di Santa Maria del Sepolcro è una chiesa rurale ad unica navata, posta lungo la Tiburtina a circa i Km dall’abitato di Vicovaro, alla confluenza del fiume Aniene con il torrente Ronci ed ha annesso un Convento dei Francescani del Terzo Ordine ed un ponte medioevale; il gruppo di monumenti è in stato di totale abbandono.

Sicuramente chiesa e successivo convento prendono origine da una Cona, luogo di sosta e preghiera per i viandanti ed i pellegrini lungo la consolare romana e sappiamo che l’edicola custodiva l’immagine della Madonna della Salute (XIV-XV secolo).

Le prime prove documentali dell’esistenza del convento sono della prima metà del XVI secolo in una incisione di Sebastiano Da Reggio 38, ma l’esame delle murature ne conferma l’età sicuramente anteriore. Nel 1652 con la disposizione di Papa Innocenzo X sulla soppressione dei con venti con meno di 6 frati, il complesso è incamerato dal Seminario di Tivoli che nel 1672 lo affida in enfiteusi agli Orsini, dai quali con la vendita del feudo passa ai Bolognetti cui dobbiamo il restauro — come testimoniano le visite pastorali del 1732 e 1786 — e la riorganizzazione della Chiesa nelle fattezze attuali. Successivamente, con l’incameramento dei beni ecclesiastici allo Stato, i Bolognetti ne divengono i reali possessori.

La chiesa è organizzata in due parti, l’altare grande ed importante della Madonna delle Grazie e una Cappella, posta di fronte all’entrata con un gruppo in terracotta poli croma rappresentante la Deposizione di Cristo al Sepolcro articolato in 8 sta tue (Cristo, la Vergine, le pie Donne, San Nicodemo, San Pietro, Giuseppe d’Arimatea, San Giovanni) ed 2 angeli in terracotta che fungevano da reggilumi. Il gruppo, oggi purtroppo distrutto — è in pezzi proprio nella cappella- è opera di maestranze abruzzesi che lavoravano nella zona; la cappella poggia all’esterno su un nucleo quadrato di calcestruzzo e sui basoli della Valeria, fatti che convalidano l’idea che questo fosse il luogo dell’originaria Cona.

Il gruppo della Pietà o Sepolcro e non l’altare maggiore identificò la chiesa per gli abitanti di Vicovaro che da sempre l’ hanno denominata di Santa Maria del Sepolcro con una strana associazione di titoli.

Arch. Caterina ZANNELLA

Architetto. Assessorato  Cultura Spettacolo e  Sport – Direzione Regionale  Beni e Attività Culturali, Sport- Area Cinema Audiovisivo e Programmi Europei – Ufficio Programmi Europei

 

 

Si ringrazia per la gentile concessione l'Autore e il Centro Universitario Europeo.

 

 

©2008 Centro Universitario Europeo di Ravello, da  «Le rotonde del Santo Sepolcro. Un itinerario europeo» . 2005. Bari, Edipuglia, qui ripubblicato con il consenso dell'Autore.

 

 

N.B.: Chiunque intenda utilizzare in toto o in parte gli articoli pubblicati dovrà necessariamente citare per esteso l'Autore, il titolo dell'opera, la Casa Editrice o la Rivista, l'anno di pubblicazione.

 

 

 
 
  © 2008 Antropologia Arte Sacra - Alessio Varisco, webdesigner
home

 

info

 

copyright

 

credits